Lavoratori dipendenti e liberi professionisti hanno l’opportunità di integrare la pensione obbligatoria con una previdenza complementare. Il ricorso a una pensione integrativa è favorito dalla Legge che ha disposto alcune agevolazioni fiscali per tutti coloro che la scelgono. Vediamo nel dettaglio come funziona la tassazione e tutte le esenzioni previste.

Trattamento fiscale della previdenza: come funziona

Le agevolazioni fiscali per chi opta per una pensione complementare riguardano diversi aspetti, che vanno dal versamento dei contributi ai rendimenti generati, sino alle prestazioni che vengono offerte al richiedente.

Nel dettaglio, il versamento dei contributi può avvenire in modi differenti. Il lavoratore può, infatti, versare i contributi prendendoli dai propri risparmi oppure farli trattenere direttamente in busta paga dal datore di lavoro. In ultima analisi è possibile versare i contributi mediante il TFR, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto.

Per chi decide di sottoscrivere una previdenza complementare e quindi di versare contributi a tale scopo, il legislatore ha previsto una specifica tassazione.

Deducibilità della previdenza complementare

Il legislatore ha previsto anzitutto una deducibilità dei versamenti per l’IRPEF. Tale deducibilità si concretizza con una riduzione del reddito imponibile del titolare di una pensione complementare. In questo modo i fondi pensione possono essere intesi come un risparmio, perché producono minori imposte da versare all’Irpef. La deducibilità dei versamenti è applicata sia a chi versa direttamente i contributi che a chi preferisce versarli tramite trattenute in busta paga. Per Legge esiste un tetto massimo di contributi deducibili pari a 5.164,57 euro all’anno.

La deducibilità fiscale dei versamenti riguarda anche l’esenzione dell’imposta di bollo. Una nota importante riguarda chi decide di versare i contributi per un fondo pensionistico, ma di non dedurli sulla dichiarazione dei redditi. In questo caso, al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni (anticipazioni, riscatti, pensionamento) il capitale non sarà sottoposto a tassazione, quindi sarà esente dalle tasse.

La tassazione dei rendimenti della previdenza complementare

La previdenza integrativa, così come ogni altra forma di investimento, produce un rendimento, il quale si somma ai contributi versati. I rendimenti maturati dal fondo pensione sono soggetti all’imposta del 20%, più favorevole rispetto al 26% che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario. Sulla quota del rendimento che deriva dal possesso di titoli di Stato e titoli similari, la tassazione è fissata al 12,5%.

Qual è la tassazione sulla rendita della pensione complementare

Il lavoratore che ha versato contributi a una previdenza integrativa per almeno 5 anni e raggiunge l’età pensionabile può richiedere il pagamento mensile della pensione oppure il rimborso di quanto ha versato: in quest’ultimo caso ottiene al massimo il 50 %.
Ciò significa che l’aderente ha facoltà di riscattare una parte di quanto accumulato fino ad un massimo del 50% del capitale.
Nel caso in cui la rendita generata dalla conversione di almeno il 70% del montante sia inferiore al 50% dell’assegno sociale annuo (nel 2019 pari al 50% di 5954 Euro, ovvero euro 2977), può comunque optare per il riscatto totale in capitale della stessa prestazione.
Il capitale rimborsabile viene tassato in maniera simile alla tassazione applicata alle rendite vitalizie.
Per il capitale si calcola la tassazione dividendo il totale in periodi fiscali diversi. Ogni prestazione corrisponde al periodo in cui è stata maturata. Ad essa si applica, quindi, la legge e la tassazione in vigore in quel periodo.
A decorrere dal 1° gennaio 2007 tutte le rendite pensionistiche sono assoggettato ad una ritenuta a titolo d’imposta del 15%. Tale percentuale si riduce in funzione dell’anzianità di partecipazione al sistema della previdenza complementare; se questa è superiore a quindici anni, l’aliquota diminuisce dello 0,30% per ogni anno di successiva partecipazione, fino al limite massimo di riduzione pari a 6 punti percentuali. Con 35 anni di partecipazione l’aliquota scende quindi al 9%.

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