L’art. 2087 cc, e parimenti l’art. 25-septies, dlgs 231/2001, prevedono che la mancata adozione delle misure di tutela della salute dei dipendenti potrebbe esporre l’azienda alla responsabilità prevista dal dlgs 231/2001, andando ulteriormente ad aggravare  una situazione economica che già risulterà compromessa a causa dell’epidemia.

“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro nelle aree interessate dall’epidemia di Coronavirus.”

Per evitare eventuali sanzioni o adduzione di responsabilità, le aziende (in primis quelle localizzate nelle regioni interessate dai focolai), stanno adottando misure a tutela della salute dei loro dipendenti come la chiusura delle filiali o degli uffici, la limitazione delle riunioni, la sospensione di tutti i corsi di formazione in aula ed una maggiore attività di pulizia. Le aziende, devono garantire la continuità produttiva anche in un contesto obiettivamente molto difficile, riorganizzandosi e adattandosi rapidamente.

Questa riorganizzazione parte dalla revisione delle misure di prevenzione, mai come oggi essenziali ai fini del contrasto alla diffusione del virus. Revisione doverosa al fine di scongiurare il rischio che l’azienda possa eventualmente essere considerata responsabile ai sensi e per gli effetti del dlgs 231/2001.

L’aggiornamento del DVR non basta: occorrono soluzioni concrete in grado di alzare il livello di sicurezza in azienda. Per fare questo, è necessario innanzitutto consultare (dove presente) il medico aziendale, per pianificare eventuali controlli o sistemi di tutela. oltre alle misure strettamente igienico sanitarie (la pulizia dei luoghi, l’addestramento del personale, i controlli periodici) è necessario indagare  anche le conseguenze di natura organizzativa.

Per questo è necessario rivedere tutti gli spostamenti, limitando quelli verso le zone a rischio, e potenziando il ricorso agli strumenti digitali che consentono di organizzare riunioni e incontri di lavoro anche senza la necessità della presenza fisica (oltre all’utilizzo dello smart working, per la verità ancora poco diffuso).

Bisogna poi introdurre strumenti per censire l’ingresso di fornitori, consulenti e clienti potenzialmente a rischio, coniugando le esigenze della privacy con quelle di tutela della salute dei dipendenti.

A verificare è chiamato l’Organismo di vigilanza che le aziende devono avere istituito nell’ambito del modello organizzativo di cui al citato dlgs 231/2001.

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