L’occupazione in Italia sta crescendo, e ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi 30 anni. Un dato di fatto confermato da tutte le statistiche. Tuttavia questa situazione apparentemente molto positiva va analizzata più attentamente, in quanto l’aumento dei posti di lavoro è dovuto in massima parte al boom dei rapporti a termine.

L’Istat dice infatti che nell’ultimo anno, su circa 500.000 nuovi lavoratori dipendenti, ben 450.000 sono precari, con una crescita del 18%. Anche partendo da più lontano, la tendenza non cambia: secondo l’Osservatorio Precariato Inps, dal 2015 le assunzioni a tempo indeterminato si sono dimezzate (da 2 milioni a 1 milione), mentre quelle a tempo determinato sono passate da 3 a 4 milioni.

Se da un lato resta forte il mito del posto fisso, con il 35% di giovani che vorrebbero trovare lavoro come dipendenti pubblici, dall’altro il numero di precari ha raggiunto nel 2017 il massimo storico del nostro Paese, con una percentuale complessiva superiore al 16%.

Secondo altre statistiche in Italia il 5% dei lavoratori, per un totale di circa 2,2 milioni di persone – non tutte giovanissime – entrerebbero poi nella categoria dei cosiddetti crowd workers, i figli della rivoluzione tecnologica per i quali almeno il 50% del reddito è legato all’utilizzo di massa delle piattaforme digitali.

In estrema sintesi si può dire che 1 lavoratore su 6 ha un contratto a termine, nella maggior parte dei casi di durata non superiore ai 6 mesi.

Cosa ne sarà della nostra pensione?

In questo scenario molto “fluido” – per usare un eufemismo – la questione probabilmente più sentita come cruciale dai lavoratori italiani è quella riguardante la sicurezza per il proprio futuro. Considerate tutte le incertezze del caso sulla possibilità di poter godere di una pensione pubblica, la priorità diventa quella di ricorrere a forme di previdenza complementare quali i Piani Individuali pensionistici  di tipo assicurativo – fondi pensione, per mantenere un adeguato tenore di vita quando non si lavorerà più, o semplicemente per permettersi il “lusso” di fare progetti per il futuro.

Anche la COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) evidenzia come sempre più persone abbiano acquisito la consapevolezza della necessità di una pensione integrativaper sopperire alle mancanze di quella obbligatoria: le forme di previdenza complementare hanno infatti registrato un aumento di quasi l’8% dal 2015 a oggi.
Una formula pensionistica assicurativa piace dunque molto, certamente grazie al fatto che è in grado di garantire una tranquillità economica “di scorta”, sotto forma di rendita vitalizia o di capitale, nei limiti fissati dalla legge, quando se ne avrà bisogno, ma anche perché non prevede costi di ingresso ed è molto flessibile. Inoltre offre numerose agevolazioni fiscali, tra le quali la possibilità di dedurre dal reddito i contributi versati fino a 5.164,57 euro su base annua. Nel complesso questo genere di investimento può essere considerato tra i più vantaggiosi oggi disponibili.

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